LA COLTIVAZIONE DELL'OLIVO
La Gestione del Suolo e l'Inerbimento dell'oliveto
Sembrava fatta, ed invece arriva il duro lavoro che serve ad ottenere i meritati frutti.
Idealmente possiamo suddividere le pratiche colturali tra Gestione del Suolo, Irrigazione e Concimazione, Difesa fitosanitaria. Di quest'ultima parliamo in una sezione ad hoc.
L'obiettivo principale di queste tecniche è quello di contenere la flora infestante, predisporre il suolo ad una maggiore penetrazione dell'acqua piovana, interrare le sostanza nutritive naturali o apportate e facilitare le opere di raccolta del frutto.
Nei classici manuali di tecnica colturale si osserva che mentre nel periodo autunnale si effettuano lavorazioni più profonde (oltre 15 cm.) allo scopo di facilitare la penetrazione dell'acqua e dei concimi, nel periodo primaverile la lavorazione è più superficiale e tende al contenimento della flora infestante che potrebbe entrare in competizione con l'oliveto.
In realtà, la periodica lavorazione dei terreni ha anche dei risvolti negativi che si sostanziano nei fenomeni erosivi, da un lato, e nell'amplificazione delle problematiche che si vorrebbero risolvere dall'altro. Ad esempio, le continue lavorazioni portano all'indurimento della crosta superficiale impermeabilizzata del terreno, tanto che alla fine diverrebbe necessaria una lavorazione continuativa successiva a tutti i periodi piovosi per garantire continuità di penetrazione dell'acqua nel terreno.
Una pratica ormai diffusa è quella dell’inerbimento, ossia permettere uno sviluppo naturale o indotto di erbe sul suolo dove insiste l’oliveto. La presenza di erba contiene il dilavamento del suolo e favorisce la penetrazione dell’acqua riducendone al contempo l’evaporazione.
L’inerbimento è una pratica perlopiù diffusa in riferimento ad altri tipi di colture ma pare possa essere introdotta anche in ambito olivicolo. La scelta della coltura erbacea da introdurre incide sui risultati, cereali e leguminose in primis. Una corretta gestione con leguminose può rendere l’oliveto indipendente o quasi dagli apporti di fertilizzanti azotati attraverso la periodica decomposizione.
L'irrigazione dell'oliveto
Sembra ormai assodata l’importanza dell’irrigazione nella coltura dell’olivo da molti punti di vista tra cui, l’accrescimento del quantitativo di frutti disponibile e la loro dimensione.In passato la coltura era invece di tipo tradizionale, senza irrigazione e con la destinazione di terreni spesso poco fertili ed impervi a questo tipo di agricoltura.
Quando parliamo dunque di irrigazione prescindiamo dal contesto di riferimento sebbene vada sottolineato che esistono zone e situazioni in cui è assolutamente irrinunciabile, ad esempio nel caso di allevamenti intensivi o di zone particolarmente aride.
Tra i metodi di irrigazione più utilizzati si segnalata la micro-irrigazione che distribuisce l’acqua in zone limitate di suolo riducendo la dispersione, adatta sia a giovani piante sia a piante adulte. Inoltre favoriscono il passaggio delle macchine anche durante l’uso ed il contenimento delle piante infestanti.
L’impianto va progettato in modo sapiente e va prevista anche un’evoluzione rispetto all’aumento dimensionale della pianta.
E’ utile prevedere da subito l’introduzione dei concimi liquidi, un ausilio ormai imprescindibile per garantire la crescita e la produttività della pianta.
Gli elementi in gioco sono molteplici e non ci stupiamo se a qualcuno possa venire un principio di mal di testa. Per cercare di fare luce sulla questione possiamo provare a fare un po' di ordine dicendo che, didatticamente è corretto distinguere la fase di creazione dalla gestione di un oliveto.
Tuttavia gli elementi di gestione sono condizionati dalle scelte fatte a monte. Da questa consapevolezza deve nascere un progetto coerente con le attese e gli obiettivi del coltivatore.
LA PREPARAZIONE DEL TERRENO
L’intervento ideale di preparazione del terreno prevederebbe uno scasso dello stesso e non singole buche, fatte salve le situazioni in cui la localizzazione sia tale da impedire tale lavorazione, ad es. forti pendenze.
Nel caso di impianto con singole buche queste devono essere scavate per una profondità di almento 80 cm. e larghezza di almeno 100/150 cm (e comunque almeno doppia rispetto alla dimensione del vaso). In ogni caso la larghezza della buca riveste un’importanza ancora maggiore della profondità.
E’ fondamentale che la buca non venga scavata nel caso in cui il terreno sia bagnato: ciò renderebbe le pareti della buca stessa impenetrabili per le radici causando seri problemi che si evidenzierebbero però soltanto successivamente (circa 1/2 anni), allorché le radici hanno alfine raggiunto il bordo della buca di impianto.
Altra buona norma nella preparazione dela terreno è comunque quella di non scavare con eccessivo anticipo la buca, sempre per evitare l’indurimento delle pareti: un buon sistema può essere quello di scavare in anticipo una buca un po’ più piccola che possa essere velocemente allargata alla vigilia della “piantagione”.
Controllate le condizioni di drenaggio. Se siete incerti riempite una buca con acqua. Se l'acqua percola via in 24-28 ore massimo si può presumere che c'è abbastanza drenaggio. Se questa rimane più a lungo nella buca, è necessario prendere delle misure correttive. Posizionate le piante in modo che siano leggermente più alte dopo l'assestamento, rispetto a come erano nel contenitore o in vivaio. Non mettete mai la pianta più profonda di come è stata allevata.
Portate il terreno circostante al livello del suolo precedente. In luoghi scarsamente drenati e con problemi di ristagno idrico, può essere necessario piantare ancora più sollevati rispetto al livello del terreno. Pacciamare leggermente la superficie del suolo per ridurre il pericolo degli stress di calore e di umidità. Ricordate di non fresare mai finemente il terreno, se comincia a piovere non farete mai l'impianto.
- Sintesi di per la creazione di un uliveto
- sopralluogo valutativo;
- lavorazione del terreno;
- interventi per la fertilità e per il ristagno;
- scelta dell'intensità di impianto
- scelta della cultivar di olivo
- selezione piante
- scelta del sesto e orientamento
- squadro terreno
- collocazione tutori
- piantumazione
- legatura al tutore
- irrigazione iniziale
QUALE SESTO D'IMPIANTO?
La domanda “quanta distanza tra un albero e l’altro?” non è per niente semplice in quanto le variabili in gioco sono molte. possiamo solo suggerire alcuni elementi da tenere in considerazione ma la scelta del numero di piante, essendo in gran parte determinata da obiettivi e disponibilità del proprietario del futuro impianto, può essere solo di sua pertinenza. Dobbiamo fare un po’ di teoria. Normalmente quando si parla di creazione di un impianto si parla di “sesto d’impianto”. Il sesto d’impianto significa che le piante sono collocate in filari paralleli distanti tra loro 6 metri ed occupano idealmente i vertici di un quadrato o di un rettangolo la cui base è appunto di sei metri.
La distanza delle piante sul filare determina il sesto che può essere quadro o rettangolare. Il 6x6 sarà dunque il sesto quadro mentre in caso di distanze inferiori avremo il sesto rettangolare (es. 6x5; 6x3 etc). i filari distano 6 metri per permettere il passaggio di mezzi meccanici e la lavorazione. Sul filare invece la distanza può essere variabile da un minimo di 3 a un massimo appunto di 6 metri in dipendenza di quanto si vuole che sia “intensivo” l’impianto.
Con la distanza entrano in gioco fattori diversi tenuto conto del fatto che la produzione si ha sulla parte esterna della chioma colpita dalla luce del sole. Da ciò consegue che:
1. In un oliveto costituito da piante “giovani” la chioma di ciascuna pianta è limitata causa l’età e dunque l’aumento della produttività si ottiene incrementando l’intensità d’impianto (piante per ettaro) e dunque la distanza nel sesto d’impianto viene ridotta;
2. Un’intensità d’impianto eccessiva potrebbe impedire a breve una corretta esposizione alla luce ed una forte competizione delle piante per l’acqua: questo riduce la produttività nonostante il forte numero di piante a disposizione;
La distanza tra le piante deve inoltre permettere il passaggio alle macchine operatrici.
Volendo calcolare le piante richieste per un ettaro (intensità d’Impianto) si va dalle 277 del 6x6 alle 555 del 6x3. Questo in teoria ma si tenga conto che poi nella pratica si osservano situazioni ben diverse: ad esempio nel meridione d’Italia, in zone con limitata disponibilità idrica o terreni ad elevata fertilità e cultivar di olivo molto vigorose, si arriva anche al 7x8. In altri casi, al contrario, si osservano anche impianti di olivi a monocono 5x3 molto intensivi.
E’ ovvio che l’ideale sarebbe avere un’intensità d’impianto elevata per i primi 10/12 anni in cui le piante sono ancora giovani e la chioma non è troppo sviluppata, viceversa successivamente sarebbe preferibile avere intensità inferiori di modo che le piante nel frattempo sviluppatesi non comincino a “rubarsi” tra loro sole ed acqua dimimuendo la produttività....